Non sempre i trend emergenti diventano concrete opportunità di vendita e consiglio. Alcuni, però, prendono la via giusta, intercettando e strutturando nuovi bisogni, e dunque nuove soluzioni.
Nascono e si diffondono claim e prodotti figli della ricerca, del marketing e dei cambiamenti nella società.
È il caso dello skincare probiotico/prebiotico,
il topic che conosceremo meglio in questo primo appuntamento.
Salute della pelle e batteri buoni
Microbiota: fino a qualche tempo fa una parola per addetti ai lavori. Da alcuni anni, però, ha guadagnato spazio nel vocabolario del “consumatore-consapevole-e-informato”, quello che incontriamo sempre più spesso, sempre più attento nella sua ricerca di benessere e bellezza.
Per batteri, funghi e microrganismi in generale è un momento d’oro, di rivalutazione agli occhi del consumatore finale, sino a ieri abituato (e in effetti commercialmente “istigato”) a combattere un’estenuante guerra quotidiana contro il minaccioso brulicare di vita fuori e dentro di sé.
Ambasciatore della tregua tra microrganismi in cerca di asilo e l’ospite umano è stato sin qui l’intestino, quel secondo cervello a cui, tutti lo sanno o quasi, compete molto più che la digestione del cibo.
Ed eccoli, probiotici e prebiotici entrano per scelta diretta nei consumi di grandi e piccoli, in primis di molte donne, che nel frigorifero hanno sempre qualche vasetto di yogurt, alleato della pancia piatta e del benessere intestinale.
Ancora, i probiotici vanno sempre più spesso in tandem con le terapie antibiotiche, sia che la richiesta arrivi al banco della farmacia su indicazione del medico, sia che si tratti del prezioso consiglio di un farmacista proattivo o, in qualche caso, dell’iniziativa autonoma del consumatore, per l’appunto, consapevole e informato.
Nel frattempo, l’interesse della ricerca attorno al microbiota e al microbioma si è infittito e infoltito di nuove domande e nuove risposte che spaziano dall’intestino alla pelle. È qui che il mondo della dermocosmesi ha colto l’opportunità di entrare nella rinnovata e promettente relazione tra uomo-consumatore e batteri-amici.
Solo qualche anno fa i claim di cosmetici pre/probiotici erano poco più che un trend commercialmente stuzzicante e i prodotti sul mercato mondiale davvero pochi. Adesso i brand che ne fanno la bandiera di nuove linee e referenze si moltiplicano, rendendo l’offerta più ampia e più capace quindi di intercettare il consumatore.
Microbiota e routine cosmetica
La salute della pelle è una questione di equilibrio: ecco perché agire sul microbiota cutaneo. L’assunto di base in effetti è molto chiaro: un microbiota vario è associato a una pelle sana, mentre lo sbilanciamento e l’impoverimento della flora batterica sono associati a problemi e patologie cutanee. Agire sul microbiota sarebbe quindi parte integrante di una scrupolosa routine cosmetica, nonché parte del trattamento nei casi più complessi. Ma a quali bisogni rispondono in particolare questi prodotti, e dunque a chi parlano?
Promettono per lo più generali effetti positivi sulla pelle, come il rafforzamento della naturale barriera di difesa e il miglioramento dell’equilibrio del microbiota cutaneo attraverso la sua modulazione. Quest’ultimo aspetto mette questi prodotti all’interno di una strategia dermocosmetica anti-pollution, ma li rende anche utili in tutti quei casi in cui fattori come uno stile di vita stressante e poco equilibrato, abitudini alimentari sbagliate, squilibri ormonali o alcuni farmaci disturbano l’equilibrio della microflora cutanea.
Ancora, promettono di rallentare l’invecchiamento cutaneo, migliorando la struttura della pelle e quindi rendendola più tonica ed elastica.
In alcuni casi promettono una minore reattività delle pelli sensibili ed effetti benefici in caso di dermatite atopica, rosacea, psoriasi e acne batterica.
Non dimentichiamo che i benefici per la pelle (attraverso la modulazione del sistema immunitario) e gli effetti terapeutici dei probiotici/prebiotici in caso di dermatite atopica sono riconosciuti da tempo in tema di alimentazione e integrazione alimentare.
E non dimentichiamo neanche che le promesse fin qui citate appartengono, più o meno esplicitamente, anche ad altri prodotti cosmetici e dermatologici specifici.
Che si tratti di selenio, che oltre ad avere proprietà antinfiammatorie favorisce la diversità della composizione del microbiota cutaneo, o di estratti di batteri dalle proprietà antinfiammatorie e immunomodulanti, non sono nuove nel mercato le acque termali contenenti probiotici o avena colloidale, considerata un coadiuvante nel trattamento della dermatite atopica.
Prebiotico, probiotico e postbiotico
Un breve recap sulla definizione di questi termini è utile per immergerci con maggiore chiarezza nel mondo della cosmesi pre/probiotica.
Probiotici
Sono definiti come microrganismi vivi che producono effetti benefici documentati sull’organismo ospite. Sul mercato a oggi sono molto pochi i prodotti cosmetici che davvero contengono microrganismi vivi, soprattutto per via di un limite significativo: i microrganismi vivi restano tali finché non vengono neutralizzati dai conservanti.
I ceppi batterici più utilizzati sono Lactobacillus e Bifidobacterium, oltre a una presenza meno significativa di ingredienti derivati da Lactococcus, Streptococcus, Leuconostoc, Pediococcus e Saccharomyces.
Non mancano però i prodotti che, pur contenendo ingredienti che sono solo ricavati da microrganismi, si propongono al consumatore come “cosmetici probiotici”.
Prebiotici
La comune definizione di “prebiotico” implica che questa sostanza non degradabile dagli enzimi dell’ospite possa produrre specifici cambiamenti nella composizione e/o nell’attività della sua microflora, apportando effetti benefici documentati. Nella cosmesi, però, il termine “ingrediente rebiotico” è usato in un’accezione più generica, come sostanza che può essere utile ai batteri benefici, o come sostanza prodotta da microrganismi.
Tra gli ingredienti più presenti troviamo alpha-glucano oligosaccaride, inulina, acido lattico e fermenti di Lactobacillus.
Postbiotici
Il termine è relativamente recente e indica sottoprodotti metabolici solubili di batteri probiotici, acidi grassi a catena corta ed enzimi rilasciati con la batteriolisi o secreti da batteri vivi. Ai postbiotici sono ascritte proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che possono migliorare le funzioni fisiologiche.
Promesse mantenute?
Per quanto il potenziale di questi prodotti nel proteggere la barriera cutanea, contrastare infiammazione cronica, acne, rosacea, eczema e nel rallentare l’invecchiamento della pelle sia diffusamente sostenuto, qualcuno nell’ambiente della ricerca ricorda che, per ora, siamo soltanto all’inizio di un lungo viaggio…
Infatti, come spesso accade nei processi di ricerca e innovazione scientifica, l’entusiasmo non è unanime e c’è chi invita alla cautela perché la quantità e la qualità dei dati disponibili non dimostrerebbe ancora che lo skincare probiotico sia più efficace dei prodotti tradizionali privi di ingredienti probiotici.
L’FDA (US Food and Drugs Administration) ha pure acceso la spia sulla sicurezza tramite il portavoce Juli Putnam che, a settembre 2018, ha dichiarato: «i prodotti contenenti microrganismi vivi possono essere pericolosi e portare a infezioni, specialmente se la barriera cutanea è rotta o compromessa (…) e possono interferire con l’efficacia dei conservanti usati nei prodotti per preservarne la sicurezza».
Ma su questo in realtà non c’è da allarmarsi, perché la maggior parte delle preparazioni di cui parliamo a oggi contiene postbiotici che, come abbiamo visto, sono sottoprodotti non vivi di microrganismi probiotici.
Un’ulteriore rassicurazione giunge dal fatto che le indicazioni di scadenza riportate in etichetta sono nella maggior parte dei casi analoghe a quelle di altri prodotti.
Infine, una ricerca recente condotta dall’Agenzia di protezione ambientale danese ha esplorato il mercato interno dei cosmetici con claim re/probiotico (confrontando i dati raccolti da stakeholder del settore, letteratura, database prodotti, web, ricerca sul campo nel retail) senza riuscire a cogliere e rilevare una relazione chiara tra claim preprobiotici e ingredienti cosmetici… La meta, sì, sembra essere ancora lontana.
Uno sguardo al mercato
La stessa ricerca condotta in Danimarca ci offre anche uno scenario del mercato, dalle tipologie di prodotti che rientrano nel preprobiotic skin care, ai canali che lo portano al consumatore.
Quali prodotti
Che siano pre o probiotici, parliamo per lo più di prodotti da lasciare sulla cute dopo l’applicazione con una piccola presenza di prodotti da risciacquare. In primo piano, circa il 70%, le creme per il viso seguite da quelle per il corpo e dall’igiene di viso, corpo e capelli. Seppure in piccolo (3%), claim prebiotici/probiotici compaiono anche nel make up.
Quali canali
Al momento la cosmesi pre/probiotica è entrata nei diversi canali specializzati, inclusa la farmacia, ma è sul web che l’offerta sembra moltiplicarsi rapidamente e in modo vario, dando al consumatore facile accesso ai prodigiosi vantaggi apportati dai batteri buoni. Ma, lo sappiamo, per definire la qualità non basta un claim e se alcune case cosmetiche mettono solida scienza dietro le loro promesse di efficacia, altre di scienza alle spalle ne hanno poca e quanto c’è di pre/probiotico nei loro prodotti resta in etichetta.
Nel complesso oggi siamo ancora davanti a un trend dalle potenzialità interessanti, ma con zone d’ombra su cui portare luce e chiarezza, quelle zone d’ombra in cui il consumatore può facilmente perdersi ed essere in difficoltà nel discernere la qualità dal suo contrario.
Il cliente interessato a questo tipo di prodotti, però, lo abbiamo detto, è un cliente informato e consapevole, che ama conoscere, approfondire e comprare la qualità nel senso più pieno: del prodotto e dell’expertise di chi glielo propone. E dal momento che, in un terreno in rinnovato fermento ed evoluzione, le sicurezze consolidate scarseggiano, per questo cliente il consiglio qualificato e aggiornato del reparto dermocosmetico della farmacia è, ancora una volta, un faro prezioso nel suo percorso di benessere e bellezza.