Effetto placebo e nocebo nel consiglio al banco in farmacia

Di: Sarah Cossu

Articolo pubblicato su: In Pharma Magazine

Le suggestioni date dal contesto, dai comportamenti e dalle parole del professionista della salute agiscono nel paziente attivando “messagge i biochimici” che impattano sulla percezione dei sintomi, sull’aderenza terapeutica convinta e fiduciosa, sulle risposte stesse dell’organismo, sulla memoria del disagio e sulle conseguenti aspettative future. A dimostrarlo è la scienza.

In farmacia, nei differenti contesti del consiglio al banco c’è un peso di erso delle variabili che determinano poi il modo in cui il cliente-paziente attiva i suoi comportamenti di adesione alla proposta e aderenza terapeutica.

Ma sempre è centrale lo human factor, il fattore umano che può supportare così come depotenziare l’azione del farmaco e del protocollo di trattamento. Partire da questa consapevolezza significa sviluppare il vero approccio su misura che fa crescere la salute.

IL FATTORE UMANO: IL CLIENTE E IL FARMACISTA

Il primo fattore umano è il paziente-persona con le sue variabili condizionanti tra cui l’atteggiamento verso la salute e le sue dimaniche cognitivo-emotive, il significato che attribuisce all’obiettivo di benessere o al sintomo, i vissuti pregressi, lo stile di vita, etc. che influenzano la relazione al banco e lo stesso faranno con la terapia.

Coglierle in modo da gestirle e orientarle al meglio è possibile anche in pochi minuti. E vuol dire essere già a metà dell’opera.

La seconda metà la facciamo includendo l’altro human factor: il farmacista con il condizionamento profondo, in una certa misura inconscio, che esercita sul cliente-paziente e che può essere in parte compreso e gestito con consapevolezza e intenzionalità.

Autorevoli ricerche dimostrano che il modo in un cui un professionista della salute dice le cose può avere un effetto sul benessere psicofisico del paziente quantomeno comparabile a quello sortito dal contenuto dei suoi consigli.

La relazione con gli operatori sanitari coinvolti è parte della cura. È bene che iniziamo a interiorizzare il concetto e a richiarmarlo nel nostro agire quotidiano, anche in farmacia.

Accogliere questa “responsabilità” – chiaramente in proporzione alle possibilità del proprio raggio d’azione – è un passo per niente scontato.

Sfruttarne positivamente il potenziale richiede preparazione e lavoro, ma è questo ciò che apre nuove opportunità per il farmacista che si prepara a essere un coach della salute e per i clienti-pazienti che a lui si rivolgono.

E dal momento che il suo effetto può essere potenziante o depotenziante, placebo o nocebo, è importante essere più consapevoli dei messaggi inviati all’inconscio del cliente e che condizionano il suo percorso di benessere.

EFFETTO PLACEBO/NOCEBO NELLA RELAZIONE AL BANCO. CHE COSA ACCADE?
Per comprendere come si possa attivare questo profondo condizionamento, richiamo all’attenzione due aspetti:

  • la relazione tra mente e corpo;
  • l’indagine emotiva che il cliente-paziente opera su di noi.

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In farmacia, ma anche nel vissuto di pazienti o caregiver, abbiamo probabilmente notato concreti segni della connessione emozioni-corpo:

  • lo stato d’animo ha una diretta correlazione con il benessere fisico e l’espressione piena della nostra vitalità, in un flusso continuo e bidirezionale
  • la nostra mente può creare e modificare anche ciò che il corpo sente e vive.
    Per fare un esempio, le neuroscienze hanno mostrato che specifiche aree del cervello si attivano in modo analogo durante la percezione di un dolore fisico intenso e quando il dolore è richiamato e rappresentato nella mente.
    Sappiamo anche che le memorie, i vissuti di risoluzione non soddisfacente o di effetti collaterali importanti segnano l’approccio del paziente alla cura e alla percezione di efficacia stessa di terapie erogate successivamente.

Il farmacista che indaga si trova a leggere la dimensione dell’esperienza soggettiva del cliente e le sue emozioni includendo, quando serve, una domanda mirata a far emergere quella semplice informazione che se rimanesse inascoltata agirebbe sottotraccia condizionando l’esito.

Inoltre, mentre il farmacista valuta è a sua volta valutato dai radar emotivi del cliente costantemente in allerta conservativa.

Il suo cervello arcaico esplora istintivamente le reazioni del farmacista e il meta- messaggio che accompagna il contenuto: segni non verbali e scelte linguistiche vengono colte dal vero “compratore” del cliente, ovvero il suo sistema limbico, più del contenuto in sé.

Così i suoi radar mandano segnali alla cabina di comando e viene diffuso il messaggio bio-chimico “ok, i benefici arriveranno”.

Certamente esistono individui più sensibili di altri all’impatto placebo/nocebo delle informazioni, ma al di là delle specificità del cliente e del tema del consiglio, il principio è universalmente valido.

Molte delle più significative ricerche sul tema hanno indagato in ambito clinico l’area del dolore, che ben si presta allo scopo e che anche in farmacia apre un’interessante opportunità di crescita nella gestione del vissuto soggettivo del pain, perché questo di fatto ci arriva dal racconto del paziente e questo occorre “misurare” e risolvere.

Ma possiamo dedurne criteri utili in molti ambiti e aggiungerei che in assenza della pressione del sintomo – e quindi per esempio in trattamenti di prevenzione e mantenimento della salute – il farmacista gioca il ruolo fondamentale di attivatore della motivazione che deve accompagnare il cliente-paziente lungo un percorso in cui non è immediata la percezione del beneficio.

È proprio qui che il quoziente relazionale diventa centrale. Pensiamo alla dermocosmesi o al mondo degli integratori in cui, salvo alcune eccezioni, il beneficio tangibile non è una risposta immediata. Se sai… puoi scegliere.

NOCEBO EFFECT
Per usare le parole di Luana Colloca, professore associato al Department of Pain and Translational Symptom Science della Maryland University, USA: gli effetti nocebo sono eventi avversi prodotti da un’aspettativa negativa. Derivano dall’effetto che fattori come il contesto psicosociale e i comportamenti del terapeuta hanno sulla mente e sul corpo del paziente.

Potremmo decidere di non porci la questione, ma una non-scelta è comunque una scelta, come sempre nella vita.

La crescita di competenze in questo ambito – lo vivo negli sguardi e nelle parole dei farmacisti che alleniamo col metodo di 5D4 Health Coaching per La Farmacia – porta a sviluppare una nuova e appassionante percezione del proprio ruolo, nonché risultati tangibili sul benessere del cliente e sui conti della farmacia.

Parliamo di un allenamento specifico e di un cambio di mindset.

Sull’articolato tema “parole e modi dall’effetto placebo o nocebo” propongo qui alcuni spunti di riflessione, magari da condividere con i colleghi, iniziando da alcuni alert subito attivabili.

Tenendo ampio il raggio d’analisi e d’azione sul nocebo, ovvero al banco e ancora prima del colloquio al banco, riporto alcuni esempi di nocebo effect indotto da parole controproducenti.

Espressioni da evitare e, come insegno, da sostituire con valide alternative potenzianti sono:

  • parole che creano inutile incertezza “potrebbe andare bene questo…/provi questo integratore…/ questo è abbastanza valido”.
    Che non abbiamo la verità assoluta in mano è già razionalmente chiaro al cliente. È utile sostituire queste parole con alternative più positive, assertive e rassicuranti. Nel 5D4 Health Coaching forniamo un piccolo archivio di espressioni placebo per essere poi pronti al rientro in farmacia.
  • uso della negazione non è complicato da assumere/non impiegherà molto a fare effetto/ male non fa…”.
    Il nostro cervello tende a recepire in modo poco incisivo la negazione, trattenendo soprattutto la suggestione della parola che segue. Specie con un cliente timoroso, dubbioso o evitante, meglio optare per espressioni in positivo.
  • enunciazione degli effetti collaterali del farmaco che impatta in modo particolare su alcune categorie fenotipiche di clienti-pazienti.
    Nella mia esperienza i più soggetti a inutili scivoloni nocebo in questo ambito sono i farmacisti alle prime esperienze. La volontà di essere precisi ed esaustivi deve essere accompagnata dalla percezione del cliente e dal focus sulla priorità.
    La giusta domanda aiuta anche a comprendere il quanto e il come passare avvertenze ed effetti collaterali senza generare condizionamenti e fenomeni nocebo. Le tecniche linguistiche semplici, ma efficaci che insegniamo (per esempio, in che punto della conversazione inserirlo, con quale parola introdurlo per collocarlo in un giusto framing) sono una chiave pratica per la gestione del consiglio etico ed efficace.

PLACEBO EFFECT
Ogni persona sa riconoscere un incontro positivo. Non saprà magari decifrare il perché e le esatte parole che lo hanno potenziato, ma di sicuro il risultato sarà una memoria positiva di quell’esperienza (per esempio, un ricordo di soluzione, sollievo, ascolto, buona scelta) e ricercherà ancora sia l’esperienza sia il farmacista.
Sono diversi i fattori virtuosi a cui possiamo attribuire, in un’accezione ampliata, un effetto placebo. Che si tratti di un consiglio in farmacia o della relazione medico-paziente, possiamo riconoscere nei diversi fattori relazionali positivi la capacità di alimentare due sentimenti che influenzano una serie di processi importanti per la salute: speranza e fiducia.

È stato dimostrato che anche solo il fatto che medico e paziente abbiano aspettative positive condivise riguardo all’esito del trattamento ha un effetto benefico importante sui risultati clinici.

L’ottimismo per il nuovo trattamento e la motivazione ad agire a casa con puntualità e costanza nasce nel cliente-paziente anche come conseguenza di un colloquio ben gestito.

Ci sono alcuni elementi emotivo-comportamentali che hanno un effetto “placebo” spesso sottovalutato e che possiamo potenziare.

  • La gentilezza ha una grande potenza, specie oggi in un mondo connotato da forte stress, egocentrismo e isolamento, relazioni virtuali e disattenzione all’altro. La gentilezza fa bene alla salute e fa bene anche alle vendite ed è fatta a mio avviso di 2 ingredienti:
    • empatia come capacità di leggere gli altri con sincero interesse.
    • amabilità, quella di modi e parole che ci fanno percepire accoglienti. Una “carezza verbale”, la disponibilità, un gesto premuroso inatteso, possono far cambiare stato d’animo al cliente e favoriscono la fiducia e l’apertura al nuovo.
  • Convinzione: se ci credi tu, ci crede il cliente. Le emozioni parlano. Conoscere bene e credere in ciò che si propone ci aiuta a usare un vocabolario assertivo con morbidezza e ad arricchire la proposta con un’onda di emozioni potenzianti che raggiungono il cuore del cliente.

Espressioni che rinforzano la speranza e la fiducia. Se abbiamo fatto una buona analisi e ascoltato a fondo il cliente, non avremo problemi a esporci con espressioni incoraggianti e assertive, quali “sarà soddisfatta/così partiamo col piede giusto…/sentirà subito il beneficio.

Coltiviamo quindi pensieri, parole e modi placebo affinando le competenze che ci fanno ottimizzare così la preziosa manciata di minuti di ogni incontro. A noi la scelta.

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